Il sole picchiava alto e il caldo, in quella strana estate meridionale, cominciava a diventare soffocante quando in agenzia squillò il telefono.
La segretaria di una piccola ma interessante azienda aveva confermato l’appuntamento con l’imprenditore. Un incontro così tanto inseguito, quasi dimenticato, sembrava si stesse concretizzando. Avevamo finalmente una data.
Venne il giorno dell’appuntamento.
“Non ci credo più, non ho voglia di investire soldi in pubblicità, non ne ho. Basta.” la voce dell’imprenditore risuona forte nei corridoi della piccola ma interessante azienda. Nel proferire queste parole è evidente il rancore, il disagio che egli prova con questi argomenti e qualsiasi mia argomentazione sull’utilità della comunicazione, sui vantaggi di questa tecnica piuttosto che un’altra rischia di cadere nel vuoto o respinta al mittente con una veemenza fuori dal comune. Penso a qualche tecnica di vendita che mi permetta di uscire dal guado e trovare un sentiero di discussione migliore ma non ho neanche il tempo di mettere in ordine i pensieri quando, alzandosi dalla sedia, con le braccia rigide sul tavolo mi dice:
“Sa quanti ne sono passati prima di lei. Due anni fa ho investito migliaia di euro con un tipo, di un’agenzia, elegante si, educato come lei, per poi ritrovarmi con un sito che non funziona, con un marchio che non si vede e con una campagna che nessuno ha capito.” E mentre parla mi passa bigliettini, cataloghi, volantini.
“Risultato zero. Siete tutti uguali, chiudete il contratto, prendete i soldi e poi…. Aiutarmi a correggere il tiro no, assistermi no, a meno che non paghi ancora..”
Aggiunge: “mi creda, non voglio fare di tutta un’erba un fascio ma sono rimasto molto molto scottato da questi comportamenti e ne sono passati altri da allora, cosa crede..”
Ripenso alla parola molto, ripetuta due volte non a caso. Mi sistemo sulla sedia. Ho bisogno di un bicchiere d’acqua. E’ la solita storia. Ogni volta sembra di assistere alla medesima scena. Imprenditore in gamba, propenso ad investire in comunicazione, ha investito e ne è rimasto deluso. Ed ogni volta chiedo un bicchiere d’acqua.
In quel momento, di fronte a lui, ai suoi occhi apparivo il cialtrone di turno, l’ennesimo affabulatore, un venditore di fumo.
Sembra di essere in un film western. L’uno di fronte all’altro, in una terra bruciata dall’incompetenza e dal pressapochismo e una pistola carica puntata contro di me. L’afa estiva non mi aiuta.
“Tre mesi” dico.
“Tre mesi cosa?” risponde.
“Mi dia solo tre mesi per risolverle tutti i problemi di comunicazione” ribatto.
“Cosa mi assicura che lo farà bene?”
“Gli altri miei clienti” rispondo.
“Si, ma quanto mi costerà sistemare tutto sto casino?”
“Niente.”
“Niente!!” ripete incredulo.
“Niente, se alla fine dei tre mesi non sarà obiettivamente contento dei risultati. Senza scuse, senza giri di parole, senza prese per il culo”.
Rimane perplesso. Gli occhi, prima rigidi e fissi su di me, per un attimo si spostano lateralmente come per inseguire qualcosa alle mie spalle.
“Ok” mi risponde riportando lo sguardo su di me. Ed io:
“Ma il doppio della cifra di un qualsiasi altro pubblicitario che è passato prima di me… se alla fine dei tre mesi le avrò risolto tutto”
e aggiungo:
“Quella cifra sarà lei a stabilirla, senza scuse, senza giri di parole, senza prese per il culo.”
Quell’imprenditore oggi è tra i clienti più affezionati e ha cambiato idea nei confronti della comunicazione.
Tratto da una Storia vera. Ogni riferimento non è casuale.
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