Non si può non comunicare. E’ il primo assioma della comunicazione intendendo con ciò che la comunicazione fa parte del nostro essere, comunichiamo per il semplice fatto di esistere e non possiamo farne a meno. Anche quando stiamo in silenzio, comunichiamo. Anche chi pensa di non comunicare in realtà sta lanciando un preciso messaggio e, di fatto, sta comunicando. Tutto parla di noi. A questo punto qualsiasi testo di sviluppo personale introdurrebbe la comunicazione verbale, paraverbale, non verbale, scomoderebbe la mimica e la prossemica. Il personal branding è diventato quasi argomento da barbiere, basti guardare il numero di corsi ad esso dedicati per non parlare poi della pnl, con i suoi rapport, modeling, ecc. Concetti interessanti, taluni sopravvalutati, talaltri trattati male, per conoscere e giudicare i quali consigliamo, a chi volesse, di approfondire nei testi dedicati.
In queste poche righe vogliamo invece parlare di percezione. La percezione, di un prodotto, di un brand, di un individuo è quel sentimento che stimola all’acquisto, all’azione, che fa valutare e giudicare. La percezione è la realtà ed è ciò che conta quando si è presi in considerazione dal mondo esterno. Oscar Wilde diceva “non avrai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta”. “La nostra prima reazione alla maggior parte dei discorsi che sentiamo da altri è una valutazione o un giudizio piuttosto che un puro e semplice cercare di capire” recita Carl Rogers, psicologo statunitense. Tutto vero. Ma quanti danni provoca questo modo di percepire, quanti talenti sono stati sprecati, quanti progetti non realizzati, quante persone non conosciute, solo perché ci si è fermati alla prima cosiddetta impressione.
Per questo le discipline di cui sopra lavorano sulla percezione, sulla prima impressione, per non sbagliare e permettere alla sostanza di uscire dalla gabbia mentale dei pregiudizi. Non ci aiutano, paradossalmente, i nuovi media. Oggi, nonostante le tecnologie in uso che ci presentano individui costantemente connessi, ipersocializzanti, sovrainformati e spesso fake, si comunica ancora male. A parte alcune eccezioni che, a ben guardare, si basano anch’esse sovente sulle percezioni. Ma se gli esseri umani imparassero ad ascoltare, prima che a parlare, a capire prima di giudicare, a dare una seconda e terza chance piuttosto che fermarsi alla prima, non sarebbe più facile comunicare e quindi far girare questa enorme giostra chiamata mondo?
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