Aumentare vendite e clienti attraverso l’esperienza in negozio

 Che cos’è un’esperienza?

Le esperienze sono fatti privati, intimi, che si verificano in risposta a un qualche stimolo proveniente, in ambito aziendale, da iniziative di marketing.

Le esperienze coinvolgono l’essere umano nel suo complesso e risultano dall’osservazione o partecipazione a eventi, siano essi reali, di fantasia o virtuali. Tali esperienze sono indotte e sarà cura del manager o dell’imprenditore creare il contesto giusto per creare i giusti stimoli. Si suppone che il consumatore attuale preferisca vivere immerso in esperienze di consumo piuttosto che acquistare semplicemente prodotti e servizi.

Il marketing esperienziale per essere compreso deve scomodare alcuni concetti di neurobiologia e psicologia. Non a caso negli ultimi anni si è sviluppato un filone di studi riguardanti il neuromarketing.

Il neuromarketing è l’applicazione delle neuroscienze al marketing tradizionale allo scopo di indagare il comportamento del consumatore in risposta ad uno stimolo.

Si sa da tempo che, per quanto il marketing tradizionale e gli studi di economia siano fondati su decisioni razionali, nella realtà la maggior parte delle decisioni d’acquisto è presa irrazionalmente, su base emotiva. Il consumatore è oggi considerato come un essere emozionale in cerca di esperienze sensibili che lo facciano interagire con prodotti e servizi. Il neuromarketing, in cui il marketing esperienziale rientra a pieno titolo, studia i processi inconsci ed esperienziali che stanno dietro ad un acquisto, in una parola studia la mente. Oggi si consuma soprattutto per esistere e non solo per vivere. In altre parole il consumatore punta più a costruire e comunicare una sua identità anziché soddisfare dei bisogni. Non si tratta più di un semplice acquisto ma di vivere un’esperienza o più esperienze che coinvolgano tutti i sensi. La mente struttura le esperienze in vari modi, dei quali occorre tener conto. Si parla di esperienze sensoriali quando fanno appello ai sensi attraverso vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Si parla di esperienze interiori quando si fa appello a sentimenti e emozioni interne. Si parla di esperienze cognitive quando si impegnano i clienti attraverso la sorpresa, l’intrigo, la provocazione. Si parla di esperienze fisiche quando si mira a influenzare le esperienze corporee, gli stili di vita, le interazioni o i modi di agire (pensate al famoso “Just do it” della Nike, molto più di un semplice messaggio pubblicitario).

Ai fini pratici a noi serve conoscere l’esperienza vissuta dall’individuo prima, durante e dopo l’acquisto. Possiamo distinguere l’esperienza di un consumatore in quattro fasi temporali.

L’esperienza iniziale che consiste nel ricercare, pianificare, sognare o immaginare l’esperienza, valutandola anche economicamente.

L’esperienza d’acquisto riguardante la scelta, il pagamento, il luogo di vendita o l’incontro con il personale di vendita.

L’esperienza vera e propria che riguarda la soddisfazione o meno, la sensazione, l’emozione.

L’esperienza del ricordo, successiva all’acquisto o alla fruizione, al consumo e che vive appunto nei pensieri.

L’esperienza di consumo si definisce con il fatto di provare qualcosa di bello o di brutto, provocato intenzionalmente o meno, e di considerarlo come un qualcosa che arricchisce la persona.

Chi si accinge a creare una attività del genere deve pensare a tutte queste fasi. Per il proprietario di un negozio fornire una buona esperienza vuol dire creare un’esperienza indimenticabile, straordinaria ed efficace, che permette al consumatore di attivare tutti i suoi sensi, che produce emozioni o che trasforma la persona. Quindi evasione, divertimento, spettacolo, provocazione, sorpresa, avventura, sogno, riflessione o trasgressione si aggiungono alla fiducia, al funzionamento, all’utilità, alla praticità. In tal senso il punto vendita si presta come luogo idoneo a produrre esperienze (si parla di shopping experience infatti). Basti pensare ai negozi monomarca (brand store), quali ad esempio Apple store, Nike store, Lego, Bmw, dove il consumatore trova un arredamento meraviglioso, un’attenzione al minimo dettaglio, coinvolgimento, cortesia, intrattenimento per far immergere il cliente in un ambiente ricco di suggestioni. O ancora alle aziende che hanno creato musei o percorsi dove si può vivere l’esperienza della fabbricazione, come Ferrari, Barilla, Heineken.

Alcune marche non possono essere solo mostrate in pubblicità o sentite alla radio, devono essere sperimentate. Il marketing esperienziale fa tutto ciò.

Numerose sono le modalità per far vivere un’esperienza diretta al cliente.

Organizzare una festa o un evento. Pensate ai raduni/festival Harley Davidson o Ducati, agli Open Day automobilistici dove si può offrire ai partecipanti la possibilità di sviluppare le relazioni con il personale e conoscere da vicino i prodotti. In tali casi il contesto è più effimero e paragonabile agli spettacoli dal vivo.

Ma anche i siti web possono essere concepiti per far vivere un’esperienza virtuale. Guardate i tanti siti di auto e moto dove, oltre all’ormai scontato configuratore, è possibile ascoltare il rombo dei motori o attraverso la realtà aumentata partecipare a delle prove di strada o semplicemente entrare in contatto con la community.

Si può utilizzare il co-branding. Trovare un accordo con un produttore, ad esempio, o con un altro fornitore che vende prodotti complementari e creare insieme un evento, partecipare ad una sponsorizzazione, piazzare il prodotto nelle sue pubblicità, organizzare uno street event insieme a lui.

Qualsiasi attività o supporto può diventare un’esperienza se, oltre a chiedermi perché un cliente dovrebbe comprare da me, mi chiedessi anche: cosa posso fare per rendere la sua esperienza d’acquisto memorabile?

Le possibilità sono innumerevoli. L’obiettivo è stimolare i sensi e l’immaginario. La stimolazione dei cinque sensi si ottiene grazie a spazi polisensoriali che mobilitano vista, udito, olfatto, gusto e tatto. L’immaginario passa attraverso racconti, storie, narrazioni, immagini, costruiti attorno alla marca che possono essere disseminati sui vari supporti cartacei e poi riproposti nel punto vendita e sulla rete.

In un pet shop, ad esempio, si può pensare di organizzare dei percorsi a tema, degli angoli dedicati a una razza ruotando i prodotti; si può ricreare creativamente un ambiente ad hoc, l’interno di una cuccia o un acquario, predisporre un totem informativo multimediale che descriva il nostro pianeta, il mare, le specie di animali più rare e nelle quali ci si può immergere con dei visori virtuali o semplicemente leggendo un Qr-code. Pensate se gli animali facessero sport; ora costruite un catalogo suddiviso per sport e dentro illustrate prodotti e servizi dedicati alle varie razze. Anche una presentazione inconsueta, nuova (ma in linea con la vostra immagine di marca beninteso) può essere vissuta come un’esperienza.

Fate divertire ed emozionare i vostri clienti.

L’obiettivo è aumentare la quantità e la qualità del tempo che il cliente trascorre nel negozio.

Giocate con la luce per creare spazi e angoli suggestivi; un design innovativo, personalizzato, non anonimo, può create un’atmosfera nuova e particolare. Giocate con i colori, che permettono di animare gli scaffali, accostate prodotti in base all’uso e non solo alla categoria. Posizionate maxischermi che proiettano filmati, angoli sonori (o stanze sonore) che si attivano al passaggio del cliente, poster, sagome che raccontino qualcosa e trasmettano passione. Costruite uno zoo di cartoni sagomati lungo il negozio. Focalizzate, togliendo ciò che non serve; anche un punto vendita minimalista ma ordinato e ben organizzato con la comunicazione è più performante di un luogo pieno di prodotti, di scaffali e di messaggi ridondanti.

È ampiamente provato che le persone, una volta entrate in un negozio di questo tipo, ci ritornano e acquistano durante le visite successive.

 

 

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Luca Scrimieri

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